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Saturday, May 5, 2012

Contro l’uso strumentale e la generalizzazione!


Contro l’uso strumentale e la generalizzazione!

Dr. Besnik Aliaj
Rettore, Università POLIS

In questi ultimi giorni ho seguito con particolare attenzione alcuni sviluppi - a prima vista di routine- relativi al settore dell'istruzione universitaria in Albania. Il motivo per cui scrivo, prende spunto dalla pubblicazione di ieri nei media italiani e albanesi, di uno "scandalo". Cito testualmente: "... conseguimento della laurea presso l'Università Kristal del figlio del politico italiano Umberto Bossi ... " dove, come viene sottolineato dalla stampa "... il diploma è stato rilasciato entro un anno ad una persona che non ha neanche un timbro albanese nel suo passaporto ...".
Una seconda motivazione deriva dalla coincidenza di organizzare un giorno prima della notizia, un dibattito allo show televisivo "Opinion" sul tema dell'istruzione privata in Albania. Da come si è svolto il dibattito, pare che si volesse creare un’opinione generalizzante e non realistica, tendente a rinforzare il divario tra istruzione statale (pongo l’accento "statale", perché in Albania ancora non si può parlare d’istruzione universitaria "pubblica") e privata, stigmatizzando questo settore, e assimilandolo con facilità alla sfortunata esperienza del “marketing piramidale”, e alla “bolla del settore delle costruzioni”.
Il bisogno di scriverne diventa ancora maggiore se ricordiamo la dichiarazione pubblica di poche settimane fa, del leader dell'opposizione albanese, il quale - nonostante il mio pieno rispetto per il suo ruolo - non è riuscito a trattenersi dall’apporre etichette negative tout court all’intero settore dell'istruzione privata senza eccezione. Ritengo che questa sia una logica non sana e tendente ad alimentare uno spirito non proprio corretto, verso l'impresa privata e/o non lucrativa, in questo settore o in generale, facendo alla fine di tutta l’erba un fascio.
Questa tendenza, forse inconsapevolmente, sembra provocare una certa demonizzazione del privato glorificando quasi in assoluto il pubblico e, prescindendo dalle giuste preoccupazioni sollevate dai cittadini finisce per stimolare negativamente l’opinione pubblica. Quindi, in nome dei valori civici ai quali io credo, e in nome dell'istituzione e del gruppo che io rappresento (che oltre il personale albanese o della regione, integra accademici e professionisti italiani di qualità, che vivono e lavorano in Albania), vorrei pubblicamente prendere le distanze dal fenomeno in questione, e protestare contro alcune tendenze non corrette di manipolazione del dibattito pubblico, invitando la società albanese, i politici, i media e gli opinionisti, a riflettere con dignità e calma sull’argomento in questione. Purtroppo in un ambiente estremamente politicizzato, questo problema tende a banalizzare la questione pure esistente, e ad innescare un trend negativo, che anziché affrontare il problema in maniera vitale, tende a trasformarlo in un tema da riutilizzare ripetutamente in funzione di questioni che con l’istruzione c’entrano ben poco.
In primis, desidero sottolineare che l'istruzione universitaria in Albania è un settore affetto da diversi problemi, sia per ragioni storiche, sia per la complessa transizione sociale e politica nella quale l'attenzione per questo argomento non è stata sempre costante. Inoltre, anche nei paesi sviluppati, oggi la cultura e l'istruzione sono chiaramente entrate in una fase di rivalutazione critica. In queste condizioni, durante l'ultimo decennio le autorità albanesi (di destra e di sinistra) sono state giustamente obbligate a promuovere la concorrenza nel settore dell'istruzione, cercando di affrontare i gravi problemi emersi dai fatti resi pubblici già dal 2000. Si trattava di diverse forme di corruzione: tangenti, abusi di varia natura, falsi concorsi; ostruzione intenzionale alla ricerca scientifica; ecc. ecc; per non parlare della manipolazione ideologica del passato che meriterebbe una seria analisi a parte.
Pertanto, diversamente dalla logica ed all'esperienza della maggior parte dei paesi della Comunità Europea, l'introduzione del settore privato nell’ Europa dell’Est e in particolare in Albania, ha costituito la risposta ad una necessità, come parte di un processo di riforma radicale tardiva molto attesa, che anzitutto richiede comprensione! Questa novità controversa, di questo servizio pubblico che sostanzialmente è ispirato all'esperienza Britannica e del Nord America, in Albania è stato interpretato molto correttamente in alcuni casi, in altri casi invece ha finito per generare problemi. Comunque, dopo 10 anni di investimenti l’istruzione universitaria privata è diventata una realtà indiscutibile in Albania, con i suoi vantaggi e svantaggi, esattamente come qualsiasi altro campo della società. Questo settore ha contribuito infatti a risolvere i gravi problemi ereditati dal passato, così come ha aperto da allora fino ad oggi molte altre questioni che meriterebbero una seria attenzione da parte delle autorità. Vorrei sottolineare che a causa delle circostanze storiche, l'Albania sta facendo oggi, qualcosa che altri paesi del mondo hanno già fatto 3-4 secoli fa, passando attraverso successi e fallimenti. Credo che lo stesso accada per noi, quando affrontiamo processi simili, per questo ritengo che tali esperienze non debbano essere demonizzate in blocco!
Per questi motivi il momento dello "scandalo Bossi”, con i conseguenti commenti peraltro comprensibili di certi politici e opinionisti in Albania e/o in Italia, non può e non deve servire come occasione per avviare una tempesta di pregiudizi o una caccia alle streghe, linciando pubblicamente un intero settore insieme ai grandi sforzi umani che vi avvengono all’interno. Non è con un tratto di penna che si possono descrivere fenomeni così diversi tra loro. L’esperienza amara della demonizzazione e il linciaggio del privato come "nemico" l’abbiamo già provato una volta nella società albanese e non si possono ripetere gli stessi errori del passato. In breve, la società albanese deve rinunciare a quei complessi e pregiudizi che vedono il settore privato alla stregua di un "kulak", evitando di affrontare la verità ed i problemi, dando così ad ognuno ciò che merita! Si direbbe talvolta, che si voglia perseguire una certa mancanza bizantina di coraggio.
Quindi un caso negativo, non può servire come generalizzazione, o peggio quale vendetta sleale o risultato della tipica gelosia balcanica verso tutti! Inoltre a mio personale avviso, non si dovrebbero causare tensioni e decisioni frettolose o peggio fustigazioni di massa da parte delle autorità, come è stato purtroppo nella tradizione della nostra società. Il caso richiederebbe un'operazione attenta e soprattutto morale. In Albania a dire il vero, esiste una legislazione moderna per affrontare con dignità e serietà la questione relativa all’istruzione universitaria. Il problema è che queste leggi, dovrebbero essere applicate con rigore e precisione per tutti e in modo continuativo.
Credo quindi che aprire una discussione basata sulla meritocrazia più che sulla generalizzazione sia quanto mai necessario in Albania. La valutazione svolta secondo criteri meritocratici basati sul risultato del lavoro svolto, è una garanzia per lo sviluppo ed è una necessità per l’entrata nell’ Unione Europea. Allora anziché fondare le nostre valutazioni su principi emozionali, spesso frutto del passato, cerchiamo di evidenziare, incoraggiare, e sostenere le iniziative migliori, insieme certamente all’adozione coraggiosa delle misure previste dalla legge contro coloro che abusano, quando le prove sono evidenti.

Riguardo a questo caso non posso restare né indifferente né tantomeno  avere pregiudizi; credo che le autorità albanesi abbiano a disposizione tutti gli strumenti istituzionali e giuridici dello stato di diritto per effettuare gli accertamenti, per rendere chiarezza riguardo le parti coinvolte nel caso e soprattutto per comunicare un chiaro messaggio alla società. In questa logica, i politici dovrebbero astenersi dalla retorica dura, sleale e generalizzante, che purtroppo finisce per colpire coloro che contribuiscono in maniera seria e chiara allo sviluppo della società e dell'economia albanese.

Vorrei inoltre dire qualcosa sulla stessa società albanese, che non reputo né naif né infantile. Anzi, come spesso accade, l'opinione pubblica ha già elaborato in silenzio la classifica delle istituzioni che sono considerate "corrette", rispetto a quelle che, detto in maniera brutale, "vendono lauree". Il pubblico capisce molto bene gli sviluppi di questo settore nel suo insieme, sebbene vada sottolineato il costo della tirannia della disinformazione, ahimè causata dalla usurpazione del dibattito pubblico da un manipolo ristretto di opinion maker pilotati per costruire ad arte opinioni che fanno comodo ad ambienti coinvolti nel mondo degli affari e della politica.

Per questo motivo, vorrei rivolgermi con rispetto e con preghiera di ascolto, in particolare agli imprenditori dei mass-media, ai giornalisti e agli stessi opinion maker che contribuiscono ogni giorno all’informazione e alla costruzione di una società aperta, basata sui valori. E' tempo che questi attori si posizionino chiaramente nel dibattito sui "sistemi dei falsi o delle piramidi", dando un chiaro esempio e non accettando più i vantaggi finanziari che derivano dalla pubblicità sleale delle istituzioni che alla fine ingannano il pubblico e provocano distorsioni del mercato.

Oggi più che mai quindi è necessario cancellare la mentalità e la cultura della demonizzazione e generalizzazione, e forse è arrivato il tempo di dare con coraggio i nomi degli attori incontrastati che causano il problema concreto al di là della terribile generalizzazione del dibattito pubblico. La disinformazione del pubblico perpetrata per assecondare gli interessi relativi ad un profitto maggiore o all’appartenenza politica di certi gruppi ristretti, non solo non aiuta nessuno, ma coltiva una società che domani, secondo la logica del boomerang, finirà per considerare tutti i giornalisti dei "venduti", e tutti i politici dei "mafiosi". Anche qui quindi, cerchiamo di dare, senza retorica, a Cesare ciò che è di Cesare! Anche in questo caso il pubblico si è formato diventando in silenzio più saggio ed esperto!

Infine, mi preme sottolineare non senza preoccupazione, che gli scandali pubblici e politici generalizzati dai media e dalla classe politica in Albania e importati in Italia, provocano costi all'immagine del paese e alimentano pregiudizi, le cui conseguenze socio-economiche importanti per l'Albania e gli albanesi, non sarebbero più da considerare ingenuità ma atteggiamenti dolosi. Ciò non dovrebbe fermare nessuno nel nostro sistema democratico a indagare i casi in questione e a denunciare l'abuso quando esiste, ma - lo sottolineo con forza – ci si dovrebbe astenere dal fare generalizzazioni e dall’etichettare un intero segmento sociale, o peggio ancora una intera società.

E' evidente tuttavia, che anche l’Albania non è immune agli scandali, e non risparmia i filtri dei media presi in prestito all'estero (Bosnia, Serbia, Grecia, Italia e recentemente anche dal Kosovo) all’interno di lotte politiche o per raggiungere scopi economici. Non volendo fare lo struzzo, devo dire ad alta voce, che la società albanese deve prima cominciare a curare con coraggio i suoi problemi, invitando poi i media e i politici italiani a testimoniare che sanno fare la loro politica interna e sono in grado di risolvere i loro problemi, senza spingere la palla contro il vicino alimentando una serie di cliché che forse hanno fatto il loro tempo. I problemi politici italiani e in particolare la carriere politica di Umberto Bossi non può dipendere secondo una logica razzista e generalizzate dall’Albania e dagli albanesi. E allora permettetemi anche riguardo le preoccupazioni sollevate con diritto dai media, di dire che è sempre valido il termine albanese "Non ci sono foreste senza porci"!

Rimango convinto tuttavia che in Italia esista una sensibilità enorme su questi casi e una buona volontà, e che inoltre le relazioni tra i due paesi non torneranno mai indietro ai tempi dell’Italia come “l’America”. Anche se in fondo siamo "una comune famiglia dell'Adriatico", gioverebbe alla dignità dei media e della politica italiana identificare, a fianco dei casi problematici che ripeto vanno denunciati con rigore, gli indiscutibili successi di uno sforzo umano che merita più rispetto e visibilità . Dico questo perché i miei cari amici e colleghi italiani sono ogni giorno testimoni che il tempo della sindrome generalizzante, quando tutti gli albanesi venivano ingiustamente considerati "mafiosi" è definitivamente tramontato. Un pregiudizio ingiusto del quale fra l’altro anche l'Italia ha sofferto. Tanto più che tra gli albanesi che, dopo gli anni ’90, per motivi diversi, hanno costruito una vita in Italia, la maggior parte sono persone oneste e accolte con generosità nella società italiana e vorrei dire che allo stesso tempo ci sono sempre più Italiani per bene che costruiscono il loro lavoro e la loro vita con normalità in Albania. Francamente, auguro all'Italia e agli italiani una buona campagna elettorale, come mi auguro un trattamento a freddo e serio del caso, da parte delle autorità e della società albanese!

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