Contro l’uso strumentale
e la generalizzazione!
Dr. Besnik Aliaj
Rettore, Università POLIS
In questi ultimi giorni ho seguito con particolare
attenzione alcuni sviluppi - a prima vista di routine- relativi al settore dell'istruzione
universitaria in Albania. Il motivo per cui scrivo, prende spunto dalla pubblicazione
di ieri nei media italiani e albanesi, di uno "scandalo". Cito testualmente:
"... conseguimento della laurea presso
l'Università Kristal del figlio del politico italiano Umberto Bossi ... "
dove, come viene sottolineato dalla stampa "... il diploma è stato rilasciato entro un anno ad una persona che non ha neanche
un timbro albanese nel suo passaporto ...".
Una seconda motivazione deriva dalla coincidenza
di organizzare un giorno prima della notizia, un dibattito allo show televisivo
"Opinion" sul tema dell'istruzione privata in Albania. Da come si è svolto
il dibattito, pare che si volesse creare un’opinione generalizzante e non realistica,
tendente a rinforzare il divario tra istruzione statale (pongo l’accento "statale",
perché in Albania ancora non si può parlare d’istruzione universitaria "pubblica")
e privata, stigmatizzando questo settore, e assimilandolo con facilità alla sfortunata
esperienza del “marketing piramidale”, e alla “bolla del settore delle costruzioni”.
Il bisogno di scriverne diventa ancora maggiore
se ricordiamo la dichiarazione pubblica di poche settimane fa, del leader dell'opposizione
albanese, il quale - nonostante il mio pieno rispetto per il suo ruolo - non è riuscito
a trattenersi dall’apporre etichette negative tout court all’intero settore dell'istruzione privata senza eccezione.
Ritengo che questa sia una logica non sana e tendente ad alimentare uno spirito
non proprio corretto, verso l'impresa privata e/o non lucrativa, in questo settore
o in generale, facendo alla fine di tutta l’erba un fascio.
Questa tendenza, forse inconsapevolmente, sembra
provocare una certa demonizzazione del privato glorificando quasi in assoluto il
pubblico e, prescindendo dalle giuste preoccupazioni sollevate dai cittadini finisce
per stimolare negativamente l’opinione pubblica. Quindi, in nome dei valori civici
ai quali io credo, e in nome dell'istituzione e del gruppo che io rappresento (che
oltre il personale albanese o della regione, integra accademici e professionisti
italiani di qualità, che vivono e lavorano in Albania), vorrei pubblicamente prendere
le distanze dal fenomeno in questione, e protestare contro alcune tendenze non corrette
di manipolazione del dibattito pubblico, invitando la società albanese, i politici,
i media e gli opinionisti, a riflettere con dignità e calma sull’argomento in questione.
Purtroppo in un ambiente estremamente politicizzato, questo problema tende a banalizzare
la questione pure esistente, e ad innescare un trend negativo, che anziché affrontare
il problema in maniera vitale, tende a trasformarlo in un tema da riutilizzare ripetutamente
in funzione di questioni che con l’istruzione c’entrano ben poco.
In primis, desidero sottolineare che l'istruzione
universitaria in Albania è un settore affetto da diversi problemi, sia per ragioni
storiche, sia per la complessa transizione sociale e politica nella quale l'attenzione
per questo argomento non è stata sempre costante. Inoltre, anche nei paesi sviluppati,
oggi la cultura e l'istruzione sono chiaramente entrate in una fase di rivalutazione
critica. In queste condizioni, durante l'ultimo decennio le autorità albanesi (di
destra e di sinistra) sono state giustamente obbligate a promuovere la concorrenza
nel settore dell'istruzione, cercando di affrontare i gravi problemi emersi dai
fatti resi pubblici già dal 2000. Si trattava di diverse forme di corruzione: tangenti,
abusi di varia natura, falsi concorsi; ostruzione intenzionale alla ricerca scientifica;
ecc. ecc; per non parlare della manipolazione ideologica del passato che meriterebbe
una seria analisi a parte.
Pertanto, diversamente dalla logica ed all'esperienza
della maggior parte dei paesi della Comunità Europea, l'introduzione del settore
privato nell’ Europa dell’Est e in particolare in Albania, ha costituito la risposta
ad una necessità, come parte di un processo di riforma radicale tardiva molto attesa,
che anzitutto richiede comprensione! Questa novità controversa, di questo servizio
pubblico che sostanzialmente è ispirato all'esperienza Britannica e del Nord America,
in Albania è stato interpretato molto correttamente in alcuni casi, in altri casi
invece ha finito per generare problemi. Comunque, dopo 10 anni di investimenti l’istruzione
universitaria privata è diventata una realtà indiscutibile in Albania, con i suoi
vantaggi e svantaggi, esattamente come qualsiasi altro campo della società. Questo
settore ha contribuito infatti a risolvere i gravi problemi ereditati dal passato,
così come ha aperto da allora fino ad oggi molte altre questioni che meriterebbero
una seria attenzione da parte delle autorità. Vorrei sottolineare che a causa delle
circostanze storiche, l'Albania sta facendo oggi, qualcosa che altri paesi del mondo
hanno già fatto 3-4 secoli fa, passando attraverso successi e fallimenti. Credo
che lo stesso accada per noi, quando affrontiamo processi simili, per questo ritengo
che tali esperienze non debbano essere demonizzate in blocco!
Per questi motivi il momento dello "scandalo
Bossi”, con i conseguenti commenti peraltro comprensibili di certi politici e opinionisti
in Albania e/o in Italia, non può e non deve servire come occasione per avviare
una tempesta di pregiudizi o una caccia alle streghe, linciando pubblicamente un
intero settore insieme ai grandi sforzi umani che vi avvengono all’interno. Non
è con un tratto di penna che si possono descrivere fenomeni così diversi tra loro.
L’esperienza amara della demonizzazione e il linciaggio del privato come "nemico"
l’abbiamo già provato una volta nella società albanese e non si possono ripetere
gli stessi errori del passato. In breve, la società albanese deve rinunciare a quei
complessi e pregiudizi che vedono il settore privato alla stregua di un "kulak",
evitando di affrontare la verità ed i problemi, dando così ad ognuno ciò che merita!
Si direbbe talvolta, che si voglia perseguire una certa mancanza bizantina di coraggio.
Quindi un caso negativo, non può servire come
generalizzazione, o peggio quale vendetta sleale o risultato della tipica gelosia
balcanica verso tutti! Inoltre a mio personale avviso, non si dovrebbero causare
tensioni e decisioni frettolose o peggio fustigazioni di massa da parte delle autorità,
come è stato purtroppo nella tradizione della nostra società. Il caso richiederebbe
un'operazione attenta e soprattutto morale. In Albania a dire il vero, esiste una
legislazione moderna per affrontare con dignità e serietà la questione relativa
all’istruzione universitaria. Il problema è che queste leggi, dovrebbero essere
applicate con rigore e precisione per tutti e in modo continuativo.
Credo quindi che aprire una discussione basata sulla meritocrazia più che sulla
generalizzazione sia quanto mai necessario in Albania. La valutazione svolta secondo
criteri meritocratici basati sul risultato del lavoro svolto, è una garanzia per
lo sviluppo ed è una necessità per l’entrata nell’ Unione Europea. Allora anziché
fondare le nostre valutazioni su principi emozionali, spesso frutto del passato,
cerchiamo di evidenziare, incoraggiare, e sostenere le iniziative migliori, insieme
certamente all’adozione coraggiosa delle misure previste dalla legge contro coloro
che abusano, quando le prove sono evidenti.
Riguardo a questo caso non posso restare né indifferente né tantomeno avere pregiudizi; credo che le autorità albanesi
abbiano a disposizione tutti gli strumenti istituzionali e giuridici dello stato
di diritto per effettuare gli accertamenti, per rendere chiarezza riguardo le parti
coinvolte nel caso e soprattutto per comunicare un chiaro messaggio alla società.
In questa logica, i politici dovrebbero astenersi dalla retorica dura, sleale e
generalizzante, che purtroppo finisce per colpire coloro che contribuiscono in maniera
seria e chiara allo sviluppo della società e dell'economia albanese.
Vorrei inoltre dire qualcosa sulla stessa società albanese, che non reputo né
naif né infantile. Anzi, come spesso accade, l'opinione pubblica ha già elaborato
in silenzio la classifica delle istituzioni che sono considerate "corrette",
rispetto a quelle che, detto in maniera brutale, "vendono lauree". Il
pubblico capisce molto bene gli sviluppi di questo settore nel suo insieme, sebbene
vada sottolineato il costo della tirannia della disinformazione, ahimè causata dalla
usurpazione del dibattito pubblico da un manipolo ristretto di opinion maker pilotati per costruire ad arte
opinioni che fanno comodo ad ambienti coinvolti nel mondo degli affari e della politica.
Per questo motivo, vorrei rivolgermi con rispetto e con preghiera di ascolto,
in particolare agli imprenditori dei mass-media, ai giornalisti e agli stessi opinion
maker che contribuiscono ogni giorno all’informazione e alla costruzione di una
società aperta, basata sui valori. E' tempo che questi attori si posizionino chiaramente
nel dibattito sui "sistemi dei falsi o delle piramidi", dando un chiaro
esempio e non accettando più i vantaggi finanziari che derivano dalla pubblicità
sleale delle istituzioni che alla fine ingannano il pubblico e provocano distorsioni
del mercato.
Oggi più che mai quindi è necessario cancellare la mentalità e la cultura della
demonizzazione e generalizzazione, e forse è arrivato il tempo di dare con coraggio
i nomi degli attori incontrastati che causano il problema concreto al di là della
terribile generalizzazione del dibattito pubblico. La disinformazione del pubblico
perpetrata per assecondare gli interessi relativi ad un profitto maggiore o all’appartenenza
politica di certi gruppi ristretti, non solo non aiuta nessuno, ma coltiva una società
che domani, secondo la logica del boomerang, finirà per considerare tutti i giornalisti
dei "venduti", e tutti i politici dei "mafiosi". Anche qui
quindi, cerchiamo di dare, senza retorica, a Cesare ciò che è di Cesare! Anche in
questo caso il pubblico si è formato diventando in silenzio più saggio ed esperto!
Infine, mi preme sottolineare non senza preoccupazione, che gli scandali pubblici
e politici generalizzati dai media e dalla classe politica in Albania e importati
in Italia, provocano costi all'immagine del paese e alimentano pregiudizi, le cui
conseguenze socio-economiche importanti per l'Albania e gli albanesi, non sarebbero
più da considerare ingenuità ma atteggiamenti dolosi. Ciò non dovrebbe fermare nessuno
nel nostro sistema democratico a indagare i casi in questione e a denunciare l'abuso
quando esiste, ma - lo sottolineo con forza – ci si dovrebbe astenere dal fare generalizzazioni
e dall’etichettare un intero segmento sociale, o peggio ancora una intera società.
E' evidente tuttavia, che anche l’Albania non è immune agli scandali, e non
risparmia i filtri dei media presi in prestito all'estero (Bosnia, Serbia, Grecia,
Italia e recentemente anche dal Kosovo) all’interno di lotte politiche o per raggiungere
scopi economici. Non volendo fare lo struzzo, devo dire ad alta voce, che la società
albanese deve prima cominciare a curare con coraggio i suoi problemi, invitando
poi i media e i politici italiani a testimoniare che sanno fare la loro politica
interna e sono in grado di risolvere i loro problemi, senza spingere la palla contro
il vicino alimentando una serie di cliché che forse hanno fatto il loro tempo. I
problemi politici italiani e in particolare la carriere politica di Umberto Bossi
non può dipendere secondo una logica razzista e generalizzate dall’Albania e dagli
albanesi. E allora permettetemi anche riguardo le preoccupazioni sollevate con diritto
dai media, di dire che è sempre valido il termine albanese "Non ci sono foreste
senza porci"!
Rimango convinto tuttavia che in Italia esista una sensibilità enorme su questi
casi e una buona volontà, e che inoltre le relazioni tra i due paesi non torneranno
mai indietro ai tempi dell’Italia come “l’America”. Anche se in fondo siamo "una
comune famiglia dell'Adriatico", gioverebbe alla dignità dei media e della
politica italiana identificare, a fianco dei casi problematici che ripeto vanno
denunciati con rigore, gli indiscutibili successi di uno sforzo umano che merita
più rispetto e visibilità . Dico questo perché i miei cari amici e colleghi italiani
sono ogni giorno testimoni che il tempo della sindrome generalizzante, quando tutti
gli albanesi venivano ingiustamente considerati "mafiosi" è definitivamente
tramontato. Un pregiudizio ingiusto del quale fra l’altro anche l'Italia ha sofferto.
Tanto più che tra gli albanesi che, dopo gli anni ’90, per motivi diversi, hanno
costruito una vita in Italia, la maggior parte sono persone oneste e accolte con
generosità nella società italiana e vorrei dire che allo stesso tempo ci sono sempre
più Italiani per bene che costruiscono il loro lavoro e la loro vita con normalità
in Albania. Francamente, auguro all'Italia e agli italiani una buona campagna elettorale,
come mi auguro un trattamento a freddo e serio del caso, da parte delle autorità
e della società albanese!
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